Torre dell’Abate
… quelle bellissime chiaviche estensi, impiantate nelle paludi per drenarle con il metodo dello differenziato. Costruzione forse cinquecentesca, con torretta quadrata sopra un ponticello a brevi arcate. G. Celati, Verso la foce
Edificata negli anni 1568-69 ad opera dell’ingegner Isippo Pontoni, Torre dell’Abate è un manufatto idraulico risalente alla Grande Bonificazione Estense intrapresa dal duca Alfonso II nel XVI secolo. Successivamente fu inglobata come torre, facente capo a sud-est, alla cinta muraria della tenuta estense della Mesola e, verso il 1650, venne ricostruita dal piano terra. Notevole esempio di architettura idraulica fortificata, fra i pochi che ancora oggi si conservano sul territorio, la Torre era collocata sul Po Morto dell’Abate e serviva sia per scolare a mare le acque provenienti dalle Terre Basse, che giungevano all’Abate tramite i canali di scolo Seminiato e Bentivoglio, sia per la difesa militare del luogo. Già all’inizio del ’600 perdette il ruolo di chiusa, a causa dell’abbassamento del terreno e degli interramenti conseguenti al Taglio di Porto Viro, venendo così utilizzata come ponte e torre di guardia, d’apprima al Porto dell’Abate e poi ai terreni circostanti. La tradizione vuole che la Torre, della quale compaiono descrizioni in numerose storie del territorio ferrarese, sia stata abitata da Garibaldi nel 1849; divenne poi sede di una scuola elementare e viene ora adibita ad uso pubblico.
La chiavica, dotata in origine di “porte vinciane”, presenta una struttura rettangolare con un corpo centrale più alto, coperto a padiglione, e due corpi laterali più bassi con tetto a tre falde. La Torre dell’Abate è dotata di cinque conche, di cui quella centrale più grande, poggianti su piloni cuneiformi e sormontate da volte a botte, sotto le quali un tempo scorrevano le acque di scolo di parte delle Terre Basse. La struttura è in laterizio con i mattoni in faccia a vista; i prospetti minori, rientranti nella parte centrale, presentano gli ingressi all’androne passante sormontati da archi a tutto sesto e sono adornati da una semplice cornice in cotto, come il corpo centrale. Sugli spigoli della copertura della parte centrale e laterale dell’edificio, restaurato nel 1968, sono presenti otto piccoli torrioni terminali.
La zona paludosa antistante al manufatto, estesa per circa 10 ettari e soggetta ad un intervento di ripristino ambientale (un tempo veniva utilizzata come discarica), è in parte occupata da un canneto a canna di palude (Phragmites australis) e ospita alcuni passeriformi tipici di questo ambiente, come il basettino (Panurus biarmicus) e il migliarino di palude (Emberiza schoeniclus), assieme ad altri uccelli quali la gallinella d’acqua (Gallinula chloropus) e il germano reale (Anas platyrhynchos).